mercoledì 10 aprile 2013

La parmigiana dei miei sogni



Cari amici,                                                                                                                   
chi l'avrebbe mai detto che avrei cucinato una parmigiana in barca a vela nel mare dell'Isola d'Elba?! Così è stato. Tutto è nato da un invito colto al balzo (la mia specialità) di una banda di amici che avevano progettato di circumnavigare la buffa isola a forma di pesce, e visto che avanzava un lettino mi hanno proposto la cosa. Inutile dire che non mi sono lasciata sfuggire l'occasione di una così speciale vacanza con degli amici storici che mi hanno visto crescere. Siamo partiti alla volta dell'Elba e la levataccia è stata ricompensata prestissimo quando abbiamo avvistato diversi delfini intenti a recuperare qualche pesciolino sfuggito alle strette maglie delle reti dei pescatori. Nel mentre cercavano di accaparrarsi la colazione, ci hanno regalato lo spettacolo della loro eleganza, ballerini del mare. L'Elba in lontananza, il vento nei capelli, il blu profondo quasi inquietante del mare, il dondolio della barca che ci cullava come una madre, le urla felici dei bambini, i sorrisi stampati sui nostri volti di adulti. Un'esperienza indimenticabile.
Oltre al mare, l'altro protagonista di questa vacanza è stato, tanto per cambiare, il cibo. Nella mia memoria letteraria i pasti in barca a vela (come quelli consumati dal povero Ulisse) erano ridotti a gallette di riso, carni essiccate, pecorini molto stagionati e il pesce pescato in navigazione. E invece mi sono dovuta ricredere..le barche a vela che solcano i mari e gli oceani del terzo millennio sono molto attrezzate e oltre ai gabinetti a pompa (occhio ai bagnanti..) sono dotate di funzionanti frigoriferi e cucine a gas. Così il menù è stato vario e ricco di mangiarini preparati amorevolmente dalla mamma-nonna Cat (gran cuoca e amante delle vittorie a scopa) e da Laure mamma-sorella birichina, nonchè mia compagna di squadra a scopone scientifico (naturalmente abbiamo sempre vinto sugli uomini dell'equipaggio..).                                                
Un pomeriggio che eravamo intenti a riorganizzare la cambusa, scorgendo quattro melanzane, due mozzarelle e una pomarola che andava consumata, ho esclamato: "potrei fare una parmigiana!", sicura dentro di me che l'equipaggio avrebbe risposto: "noooooooooooooo! ma come fai a farla in barca a vela????". Invece la risposta è stata affermativa. In questo clima di entusiasmo collettivo generato dalla prospettiva di gustare un così prelibato piatto, si andava formando in me un'ansia dovuta al pensiero della preparazione e dell'importanza che questa mia prestazione potesse avere. Era un po' come restituire tutta la generosità, l'affetto e la disponibilità che queste persone avevano dimostrato nei miei confronti. Non potevo assolutamente sbagliare. E come ben si sa, questo pensiero può creare dei veri disastri. Ho ricercato dentro di me un po' di quel raro pragmatismo svizzero che ho ereditato da mia mamma e, mentalmente, ho pianificato nei minimi dettagli la realizzazione della parmigiana. Così, un giorno che siamo scesi a terra ferma per fare due passi (oimmena che mal di terra! mi girava la testa, non ero più abituata alla staticità dei pavimenti) ho acquistato gli ultimi ingredienti e la fiducia nella riuscita della mia impresa. Appena rientrati sulla barca mi sono raccolta in un momento di religioso silenzio meditativo per stabilire l'ora in cui avrei iniziato a sfoderare le mie abilità di cuoca. Ho calcolato che più meno avrei impiegato due ore, e sapevo che sarebbero stati minuti molto intensi in cui avrei dovuto mantenere la concentrazione a livelli alti. Con l'aiuto di Cat (e il sostegno psicologico di Dadì-il pescatore, fondamentale!) ho iniziato a sbucciare le melanzane (trucco imparato da una massaia pesarese, in effetti le melanzane cuociono parecchio prima e si riduce così quella fase atroce che è la friggitura). Per cuocere le melanzane questa volta ho adottato una tecnica leggermente diversa, l'ho letta su un libro di un grande cuoco che purtroppo non mi ricordo come si chiami. Ho utilizzato due padelle; nella prima facevo abbrustolire le melanzane senza olio (come su una piastra), nella seconda le passavo in un po' d'olio, finchè non mi sembravano cotte. In questo modo, scrive lo chef misterioso, le melanzane assorbono meno olio risultando così più digeribili. Una volta tolte dal fuoco le ho disposte su un vassoio accuratamente ricoperto di carta assorbente, così che perdessero un po' d'unto. Dopo averle cotte tutte in questo modo, mi sarei buttata per un'ora nel mare, ma ho stretto i denti e ho resistito alla tentazione di un bagno, visto che comunque mi sembrava di essere a buon punto.Poi ho tagliato le tre mozzarelle a fettine, e Cat ha grattato il parmigiano. La pomarola, per fortuna (oserei dire), era già pronta. E così è iniziata la fase di costruzione della nostra parmigiana; due teglie d'alluminio riempite di strati di melanzane alternati a sugo, mozzarella, parmigiano, pepe, sale, olio d'oliva. In poco tempo era pronta per andare nel forno ben caldo, e in quei venti minuti in cui vi è rimasta, mi sono tuffata nel mare quieto della sera. Che bellezza! Alle sette, più o meno, eravamo a tavola. Cat aveva cucinato un riso in bianco (che a mio modestissimo parere si accompagna splendidamente al sapore piccante e allo stesso tempo dolce di questo piatto) e un insalata di finocchi e mele (apprezzata da tutti noi, soprattutto dai bimbi). L'equipaggio ha apprezzato la mia creazione, tanto da spolverare tutto!!
Mentre i nostri stomaci erano intenti a esultare per l'arrivo di queste leccornie, noi ci siamo goduti il privilegio di essere lontano dai rumori degli aperitivi sul lungomare, e di essere sospesi in quella dimensione magica che la barca offre. L'essere confinati in uno spazio così ristretto potrebbe sembrare claustrofobico, e invece è piuttosto come stare in un abbraccio continuo, quello del mare.

La vacanza si è conclusa, e ora siamo tutti a casa, ognuno in una parte di mondo diversa. Mi porto nel cuore un minestrone di ricordi; l'emozione che si prova nel cucinare per delle persone a cui vuoi bene, il coraggio della piccola marinaia che si tuffava come un delfino, la frizzante vitalità del piccolo capitano e la sua forza nel vincere le proprie paure, la sicurezza del grande capitano Giannimarco e la sua voglia di giocare come un bambino, la determinazione di Laure e il suo umorismo da vera livornese, la premurosità di Cat e le sue mille passioni, la gioia di Dadì-il pescatore e il suo amore per il mare che gli brilla negli occhi.
Il silenzio delle onde, le stelle che non avevo mai visto così belle. 
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